Milano, ore 9,20 di una mattina di primavera dopo il lockdown.
Arrivo con la mia mascherina “da lavoro” presso la sede di una azienda storica con cui ho iniziato un lavoro a distanza sulle competenze emotive del team.
E’ stato un lavoro denso e ricco di emozione. Di quelli che non voglio dimenticare perchè ricchi di una umanità, empatia e attenzione all’altro che dobbiamo portarci anche nelle fasi successive.
Il gatto ha protestato questa mattina perchè non sono rimasta a casa con lei.
In reception non trovo nessuno.
Mi viene in contro una persona e non mi saluta ma va beh, siamo tutti ancora un pò impauriti verso il prossimo.
Chiedo della persona con cui ho appuntamento.
Aspetto.
E’ il mio primo incontro in presenza e sono un pò nervosa anch’io.
Raggiungo la grande sala riunioni dotata di gel disinfettante.
Le grosse finestre a vetri sono tutte aperte e di questo sono felice.
C’è il sole e si possono sentire i cinguettii degli alberi circostanti anche se siamo in centro città.
Appoggio zaino e apro il pc.
Chiedo di poter usare il bagno perchè ormai lavarsi le mani è diventato un’esigenza impellente.
Attraverso l’open space e le persone sono al lavoro, ognuno al proprio pc e molto distanziate, forse hanno cambiato la disposizione dei tavoli da lavoro.
Accenno un buongiorno da sotto la mascherina e scruto con gli occhi la reazione delle persone: nessuno ricambia, solo una ragazza bionda alza lo sguardo dalla tastiera e sembra sorridere con gli occhi.
Incontro Marta, l’assistente di direzione con cui ho parlato più volte al telefono ma non sembra contenta di vedermi dal vivo.
Sembra imbronciata. Forse avrebbe preferito continuare a lavorare in smartworking?
Torno in sala riunioni fiduciosa e cerco di mantenere positività.
Arriva un uomo, sulla cinquantina e un pò affannato. Mi urla da sotto la mascherina “tu chi sei? non puoi stare qui!”. Vai fuori!
Mi prende per un braccio e mi accompagna alla porta.
Apre l’ufficio del capo e urla che la “signorina” non doveva essere lì.
Per inciso: Avrei voglia di scappare.
Di tornare nella mia "grotta" "caverna?" "sweetspot" il luogo dove mi sento bene e attivata.
A casa mia.
Passa di lì una persona del team, non saluta ma mi sorride da sotto la mascherina. Noto le rughe d’ epressione.
Sgrana gli occhi come per dire “non dire nulla”.
Io intanto scrivo come mi sento sul mio quaderno, per darmi un contegno.
Che cosa succede qui?
Ore 10,32 vorrei scappare.
Solo un signore gentile ha salutato passando di lì; un altro ha sorriso divertito.
Io ho scritto questo libricino di quindici pagine dove parlo della gentilezza al lavoro come competenza e ti indico tre test psicometrici per misurarla.
Scrivo anche le cose da sapere prima di introdurre un sistema di gestione basato sulle competenza, vuole essere un piccolo bigino per addetti ai lavori, ovvero persone responsabili di valutare le performance di altre persone in azienda.
Scrivo mentre si è acceso il dibattito dopo le parole del sindaco Sala sul “tornare al lavoro” e tutta Italia sta facendo il tifo per Alex Zanardi.
Voglio lasciarti una frase a cui tengo molto:
“Tutte le cose sono pure per i puri” Omnia munda mundis.
Di questi tempi, più ancora che in passato, potrà sembrare un pensiero al limite dell’ingenuo. Invece, pensando allo sport e non solo a quello, è bello credere che con la fiducia - e dunque la purezza - si possa davvero migliorare il mondo” Alex Zanardi
Credo fortemente che ci sia bisogno di valorizzare quanto la nostra umanità ha già nel suo cuore e di portarlo anche nelle relazioni di lavoro.
E’ WIN WIN, ed è sostenibile.
La gentilezza fa parte di quella purezza a mio parere con cui possiamo migliorare anche il mondo del lavoro.
#energiaPura è il nome che ho dato alla mia attività come consulente di direzione. Per dieci anni ne ho portata anche un pò nelle due aziende dove ho lavorato.
La psicologia applicata al mondo del lavoro è la mia passione da moltissimo tempo.
Grazie di cuore per il tuo feedback
Silvia Ghisio