Se dico Agile allora funziona? – note dal terzo incontro #dipersonaèmeglio
Si è svolto ieri sera il terzo incontro sui temi Hr, digital e nuove sostenibilità del mercato del lavoro; mi piace condividere qui alcuni spunti dei nostri interventi.
Il mio è nato con Cristina Corona – consulente senior e coach - con la quale lavoro ad un percorso di sviluppo per riconoscere e attivare nuove energie all’interno di quelle organizzazioni che hanno acquisito consapevolezza della necessità di adottare un percorso verso l’efficacia del loro agire in team autonomi e responsabili.
Abbiamo giocato sul titolo che se pronunciato in Italiano o inglese rimanda a due significati molto diversi.
Agile (letto in italiano) e Agile (letto in inglese) non sono sinonimi; una è la forma contrattuale nata in Italia un anno fa e che introduce un cambiamento importante per quanto riguarda i tempi e i luoghi di lavoro subordinato.
Agile (pronuncia inglese) è invece un mindset per la gestione dei progetti.
Nasce dal mondo dello sviluppo software nel 2001, e mi piace per diversi motivi:
1. La dimensione beta permanente.
2. La collaborazione col cliente.
3. La centralità delle persone.
4. Il rispetto delle persone.
5. Il lavoro in team autonomi e responsabili.
6. Utilizzo di strumenti e metodi per il feedback costante.
7. Cicli brevi di delivery funzionante.
8. Ci si basa su un ritmo di lavoro deciso insieme e gestito nella tenuta.
9. Ci sono punti di contatto con la metodologia lean.
10. Utilizza il metodo scrum per la gestione dei gruppi di lavoro.
* in allegato le slide complete dell’intervento e scaricabili
E’ stato appassionante per me dialogare con product owner, scrum master e coach agilisti negli scorsi mesi; ho frequentato laboratori di sviluppo software, officine meccaniche e community diverse da quelle di noi HR.
Ho letto diversi libri e scoperto che già in Nord Europa si scrive e si fa consulenza Agile (letto con pronuncia inglese) anche nel nostro ambito.
Avevamo data per scontata la conoscenza della normativa del Lavoro Agile – Cristina ed io - invece un breve sondaggio presso la bella sede Copernico, ci ha incoraggiate a concentrare il nostro intervento su questa prima versione del significato.
La normativa apre un grande tema di cambiamento di paradigma culturale e organizzativo in quanto scardina due principali pilastri del lavoro subordinato: tempo e luogo di lavoro.
Se tempo e presenza possono (in parte) essere delegati ad autogestione delle persone, questo significa che oggi diventa ancora di attualità (e urgente!!) riaprire alcuni antichi temi di gestione manageriale:
- la delega;
- la leadership in grado di orientare, far crescere e supportare le persone, anche a distanza;
- l’autonomia da parte delle persone.;
- la capacità di lavorare per obiettivi e per progetti;
- la capacità (e il diritto) di disconnettersi.
Con il Lavoro Agile si avvicina infatti, il lavoratore subordinato - che in ogni caso rimane tale da tutti i punti di vista – al lavoratore autonomo, se non altro per le capacità organizzative e di gestione del lavoro per progetti che toccano sul nascere alcune skills legate all’imprenditorialità. Le digital skills e gli strumenti abilitanti da parte delle organizzazioni sono quel fattore che consente anche la sostenibilità, sia organizzativa che dei singoli.
Da questo punto di vista possiamo dire che il Lavoro Agile (pronuncia italiana) - ovvero lo Smart Working - sia anche una soluzione #green.
La legge del 22 maggio 2017 è la premessa per quello “Smartingup” di Alessandro Donadio che ha aperto l’incontro. Nel suo testo l’autore affronta il tema del nuovo rapporto fra individuo e organizzazione proprio alla luce dello sgretolamento del pilastro fondamentale del lavoro subordinato: il tempo e il luogo di lavoro.
Chiara Bugini – candidate management expert di GI Group - ha condiviso una ricerca effettuata dal gruppo su un campione Doxa di 2000 giovani fra i 18 e i 34 anni ed è stato importante notare i risultati.
I giovani delle generazioni X e Z hanno come principale aspirazione la sicurezza e l’indipendenza data , anche, da un rapporto di lavoro e da una retribuzione congrua.
Tale risultato a mio parere è dovuto a diversi fattori fra cui:
- le esigenze anagrafiche (indipendenza);
- la disillusione di chi ha già avuto qualche esperienza di tirocinio o stage non trasformato in rapporto di lavoro;
- la scarsa propensione ad informarsi circa i significati dei diversi istituti dal punto di vista contrattuale da parte dei giovani (lo stage non è un lavoro; il lavoro può essere a tempo determinato; esiste il contratto di apprendistato..);
- la scarsa propensione a leggere i giornali e i dati circa l’andamento del mercato del lavoro;
- le scarse occasioni di orientamento scolastico e professionale;
- la paura, dettata dal fatto che almeno alcuni di loro hanno già affrontato a casa il tema dei genitori fra i 40 e 60 uscire dal mercato del lavoro non per scelta.
Ognuno di questi temi meriterebbe approfondimenti ed interventi da parte di APL; organizzazioni datoriali, scuole, comuni, e tutti quegli enti che - a diritto - fanno matching fra domanda e offerta di lavoro.
Un’evidenza è certa: lo spaccato rappresentativo dell’Italia del futuro sente il lavoro come bisogno primario prima di ogni altro significato.
Andrea Pedrini - country manager di Visiotalent - ha parlato invece del sistema sostenibile per gestire i colloqui di lavoro a distanza e nel contempo dare feedback ai candidati. Il tool è sbarcato in Italia dalla Francia a luglio del 2017 e già molte aziende l’anno scelto. Oggi si dota anche di una funzione che consente di facilitare la valutazione delle competenze legate al tipo di lavoro per il quale azienda e candidato si incontrano.
Francesca Gabetti – Ceo di TeamEQ - ha presentato lo strumento che ha creato assieme alla possibilità delle aziende di ascoltare il benessere dei team su 9 dimensioni. Appassionante anche per l’esigenza urgente che in un mondo V.U.C.A. richiede di raccogliere ogni elemento predittivo per le decisioni di gestione basati sui dati.
Gli HR analytics vanno implementati da qui in poi con ogni strumento a disposizione, dal mio punto di vista, e quello presentato da Francesca mi ha particolarmente appassionata in quanto lavora sul team e quindi sulla leadership e utilizza gli algoritmi per fornire apprendimenti da restituire alle organizzazioni assieme ai feedback anonimi da parte del gruppo.
Il futuro del lavoro passa per alcuni concetti chiave, a mio – e nostro – parere:
- adattamento
- dati
- team
- ownership
- community
- lavoro per obiettivi
- sostenibilità.
Quello di ieri è stato un incontro ancora più ricco di contenuti e stimoli. #dipersonaèmeglio, in #team di più!
Allego la mia presentazione e sono a disposizione, assieme alla collega Cristina Corona, per approfondire i temi trattati.
Il prossimo incontro sarà a Roma l’11 giugno. A breve i dettagli.
Auguro buon lavoro.
Silvia Ghisio
Nota bibliografica:
Guida pratica al lavoro agile dopo la legge n.81/2017 – Dagnino, Menegotto, Pelusi, Tiraboschi – Ed. Adapt University Press 2018