La rete e le Persone
Sono stata alla Casa della Psicologia qualche tempo fa.
Si parlava di digital e di sharing economy. Ho avuto modo di riascoltare l'illuminante Ivana Pais e finalmente di vedere di persona Dario Forti.
Si è parlato di community, di reputation, di quanto sia cambiato il sistema di riferimento mediato dal digitale. Ho avuto modo di riflettere sul termine omofilia in senso sociologico. Fenomeno per il quale le persone tendono a connettersi e seguire i simili, il cui pensiero e valori siano condivisibili. Il fatto che gli algoritmi decidano poi di renderci visibile ciò che noi dimostriamo di apprezzare, fa sì che rischiamo di rimanere in una bolla di conversazioni tra simili, che forse in parte ci rassicurano, rinforzano le nostre credenze ed agevolano il lavoro di chi per mestiere comunica alle personas.
Ci fidiamo e ce la raccontiamo.
Mi occupo di competenze, di motivazioni e di connessioni dei bisogni fra persone e organizzazioni e proprio di recente parlavo con un collega del fatto che la rete sia per persone equilibrate. Credo sia importante interrogarsi sulle dinamiche di relazione fra i singoli e fra gruppi per non rischiare di rimanere intrappolati in una rete che da tribale (nel senso di community) rischia di divenire triviale.
Ho letto un post di Veronica Gentili che si interrogava sulla necessità di denigrare i concorrenti pensando di conquistare la fiducia di un nuovo cliente.
A quale bisogno risponde la ricerca spasmodica di consenso attraverso ad esempio il tentativo anche poco velato di mettere in cattiva luce competitor o – peggio – persone? È capitato anche a me di incappare in parole poco gentili qui in rete e di leggere - fra le righe - paura e rabbia che di solito si manifestano con aggressività, anche nella scelta delle parole che formano i contenuti. Accade - a volte - purtroppo anche nelle organizzazioni.
È appena accaduto, anche forse a partire da buone intenzioni scappate di mano.
Credo sia necessario continuare ad utilizzare il pensiero critico, per non restare intrappolati in reti di parole che rischiano di assuefarci e alle quali ci abituiamo, senza magri condividerne il significato o comprenderne il contesto.
Ho letto asserzioni - anche nel nostro contesto di professionisti HR - che ho trovato davvero poco assertive.
Noi che lavoriamo con le persone e per le persone a fianco di aziende e con l'intento di servire il loro sviluppo, di facilitare, di trovare le risorse (umane) giuste, di far crescere.. come possiamo contribuire a diffondere una buona cultura della relazione? e della condivisione? e di utilizzo della rete?
Uno dei temi caldi in questo momento è il nuovo ruolo che il mondo HR deve assumere come owner di nuovi processi, di nuove concezioni e di nuovi "viaggi" degli individui dentro le organizzazioni. Le organizzazioni sono sempre più sistemi aperti ed espansi proprio a causa dell'esperienza social.
Credo anche di nuove consapevolezze e antiche ricerche di senso.
Primo fra tutti il rispetto, a mio parere, in ogni interazione.
Ho appena letto un articolo di Donadio dal titolo "HR e organizzazioni adulte" la sfida costante nel creare consapevolezza e culture collaborative. Si parla del concetto di adultità delle aziende anche rispetto alla loro capacità di gestire il rapporto con le persone - forse di generare per loro buone esperienze - di certo di offrire un modello manageriale rispettoso anche dell'adultità delle persone.
E allora, dato che i momenti della verità oggi sono esperienze che passano un po' dalla rete e un po' dalle interazioni vis a vis, a mio parere è bene distinguere gli attributi del soggetto (persona) dalla capacità di esprimerli dentro un contesto - organizzazione - specifico.
Forse quindi l'adultità può essere sinonimo di equilibrio? Di Consapevolezza? Di assertività? Di rispetto? Di intelligenza emotiva?
Continuo ad essere attratta dai contributi generativi e sentirmi spontaneamente ingaggiata a diffondere l'invito a pensare.
Le parole devono essere scelte con cura, come del resto le persone.
Le parole possono assumere un significato differente in base al contesto, così come le persone possono esprimere il loro potenziale o meno in un ambiente specifico. La rete è apparentemente un contesto "libero" dove le parole diventano gesti, "doni" disinteressati.
Nel frattempo ho letto cose su Castiglione delle Stiviere e mi chiedo come possano sentirsi le persone diventate tristemente famose, forse a causa di un non governo. La responsabilità è un concetto che può sfuggire di mano in maniera virale.
Il video condiviso ed etichettato come "epic fail" da un certo mondo di comunicatori, al mondo degli HR che cosa suscita, ad esempio?
Ci riguarda, assieme alle policy e alla responsabilità nei confronti delle persone a cui in questo momento desidero esprimere solidarietà.
I gesti a volte non sono dei doni. Diffondiamo più rispetto e meno bullismo social. Esiste anche fra adulti.
#energiaPura mood
Buona giornata.